Nel tempo, la parola “viaggio” ha assunto il significato dello spostamento da un luogo all’altro. Un “luogo” spesso non solo fisico, ma anche mentale, emotivo, esistenziale. Un luogo che quindi è più uno “stato”, una “condizione”: mi sposto dal mio passato al mio futuro, attraversando il presente; mi muovo da ciò che ero a ciò che sono, e da ciò che sono a ciò che vorrei essere.

Le ragioni per cui decidiamo di metterci in viaggio possono essere molto diverse: si può partire con l’intenzione di tornare o con quella di lasciare per sempre un posto; si può partire perché non ci si accontenta più della propria condizione, e si vuole cercare altro; si può partire perché ci si sente obbligati a farlo, poiché il posto in cui ci eravamo fermati non è più accogliente come prima, o addirittura non esiste più.

Una partenza può avere tanti sapori: la trepidazione per il viaggio che si sta intraprendendo, l’aspettativa delle mete che vogliamo raggiungere, la curiosità per le strade che percorreremo e per i luoghi e le persone che incroceremo, la paura di ciò che ci lasceremo dietro e di ciò che troveremo (o non troveremo) davanti a noi, il timore di non arrivare, o arrivare in un luogo diverso da quello che avevamo programmato all’inizio.

Il Viaggio è una metafora spesso associata al percorso terapeutico.

L’atmosfera della partenza ha qualcosa in comune con quella di chi inizia un percorso di terapia.

Chi arriva in terapia il più delle volte ha il desiderio o l’esigenza di cambiare qualcosa, di abbandonare una condizione e raggiungerne un’altra. 

Ma sente di essere fermo, bloccato

Percepisce un ostacolo che impedisce al suo viaggio di iniziare, o di proseguire.

Il terapeuta si pone quindi come un “compagno di viaggio” e il percorso terapeutico diventa un “viaggio all’insegna della collaborazione” (Chiari, 2016). 

Un viaggio da fare insieme, da co-costruire passo dopo passo, seppur con ruoli diversi: il terapeuta come esperto dei metodi di navigazione, il cliente come esperto di se stesso. Terapeuta e cliente diventano “compagni di bordo” che “si imbarcano insieme nella stessa avventura” (Kelly, 1969). 

In un percorso terapeutico quel blocco che all’inizio impediva il movimento può essere esplorato, affrontato e trasformato insieme. A proposito di viaggio e smarrimento, Bouvier diceva che “quando ci si smarrisce, i progetti lasciano posto alle sorprese, ed è allora che il viaggio comincia”. In modo simile, davanti allo smarrimento di una condizione nella quale ci sentiamo bloccati, la terapia diventa occasione per aprire nuove possibilità di scelta e fare esperienza di nuovi sguardi su noi stessi, sugli altri e sul mondo.

Auguro quindi a tutti coloro che stanno iniziando o hanno intenzione di iniziare un percorso terapeutico di lasciarsi stupire da questo meraviglioso viaggio!

Sul viaggio e sulla terapia
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